Zolfo  era caduto nel fuoco prima ancora di imparare a camminare. Se ci fosse  caduto apposta, non si sa, ma ci era caduto, con tutti e due i piedi.  Come ci fosse caduto, nessuno lo seppe mai, ma certo fu che fu in  quell'occasione che mosse i primi passi, e rideva uscendo dalle fiamme  illeso, ed era coperto da una  fuliggine fitta, talmente fitta che sembrava di veder camminare un  tizzone con occhi e denti accesi. Le vecchie del villaggio lo lavarono  in una tinozza di acqua fredda e aloevera finchè la luna non cambiò due  volte, e tutto il nero 
tutto  il nero fu lavato via. Eppure, a stare molto attenti, Zolfo continuò ad  emanare calore per tutta la vita. Un calore latente e vivace, che era poco pericoloso e poco innocuo, e nessuno e tutti e due.
Quando  camminava nel bosco (e a Zolfo piaceva camminare nel bosco), faceva  sbocciare i gigari. Quando era triste, lasciava nelle lenzuola e sui  mobili un velo grigio di cenere. 
Sua madre ci disegnava sopra,con la punta delle dita e diceva
"Qhi hat fogu non morit de friu",e sorrideva. 
Un  giorno che Zolfo andava per boschi, decise di girar strada come quando  si incontra una di quelle zolle che confondono i viaggiatori. E lo fece,  e costeggiò il ruscello, che era quasi secco  a quell'ora del giorno, e camminò nell'erba alta e le cicale e i rospi  commentavano i suoi passi.I corvi lo guardavano senza paura, come se  sapessero che per un giorno, era stato nero come loro, e ridevano di lui  perchè lo riconoscevano. 
Arrivò sotto un vecchio faggio. 
Sotto  il vecchio faggio,che era lì dall'inizio dei tempi,e sotto una stuoia  di funghi nati quella notte stessa, c'era una tana, che forse era di  tasso, forse era di volpe, o nessuno o tutt'e due.
"se ci sei, chiunque tu sia, dì che ci sei.", disse Zolfo.
"se sono venuto apposta, non si sa, ma sono qua, con tutti e due i piedi."
una voce rispose:
"e allora vattene via."
Zolfo si sporse per guardare nel buco. Quando gli occhi si furono abituati all'oscurità, la  vide.
Sul  fondo, tra le ossa di piccoli roditori e le spine di tredici istrici,  sedeva Betula Lenta, che era poco bambina e poco strega, e nessuna e  tutte e due. 
Era  lì, spiegò subito, non perchè avesse paura, ma perchè stava giocando a  nascondersi da Inverno, perchè lui era rude e ogni volta, ogni volta le  strappava il vestito. 
Spostando la gonna, mostrò a tal proposito un tappeto di trucioli bianchi che rilucevano tra le minuscole vertebre di  gerbillo e le teste di orbettino. 
L'odore  di muschio si sollevò sopra quella marcescenza segreta. Quel posto  intero, ora riluceva con una certa tranquillità. A Zolfo venne una  specie nostalgia nella pancia.
"ora vattene via, se Inverno mi trova dovrò stare sotto io! star sotto così." disse la strega,
e  lo afferrò per un braccio, e lo tirò con la faccia sottoterra, e lì lo  colpì forte sui denti con una cosa che era poco un bacio e poco un  morso,e  nessuno e tutti e due. 
Zolfo  cercò di allontanarla, e la spinse via con la lingua e con metà della  metà della foza che aveva,e le mani sulle sue clavicole fecero crepitare  e schioccare la sua pelle bianca, che si arricciò e si staccò, e andò  ad unirsi al tappeto luminescente di minuscole ossa e brandelli di  stagioni.
Zolfo  la sentì divincolarsi sotto la sua presa, e si sentì avvampare. Tra i  capelli di Betula germogliarono delle gemme bianche. Poi si spaventò del  calore, perchè lo sentì crescere e non volle più baciarlo.
"Oh, ma perchè!" Disse Betula Lenta, e si ritrasse per coprirsi.
"non  si può riuscire ad amare qualcuno senza cercare di togliergli la pelle?  O di bruciarlo vivo, addiritura! Vattene via, prima che ti maledica e  ti faccia crescere funghi carbone sul cuore."
Zolfo scappò via, con le labbra rotte e sanguinanti per aver sfregato contro quelle guance di corteccia. 
Corse  lungo il  ruscello, dove ora che il sole era tramontato le pietre erano umide e  scivolose, corse nell'erba alta e fece zittire le cicale e spaventare i  rospi con l'affannarsi del suo respiro, e stringere i corvi nel loro  nido, quando -ogni tanto- scoppiava in un suono che era poco riso e poco  pianto, e nessuno e tutto e due.
Arrivato  al villaggio, i lampioni si accesero al suo passaggio. Disse di aver  baciato Betula Lenta, come lei baciava l'Inverno,poi disse che  prima di  spogliarsi tutta, gli aveva detto che l'amore, come l'Inverno, fa  cadere la corteccia alle streghe, e la pelle sotto è lucida e tenera.  Che le cose che marciscono sotto terra sono luminose a modo loro, e  terribili, e fanno venire nostalgia nella pancia.
Disse così, ed era poco verità, poco bugia e nessuna e tutte e due.
Nessuno mai gli credette.
2 commenti:
è bello e odora.
tu fai venire nostalgia nella pancia.
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